Gli italiani conoscono la transizione energetica, ma sono ancora poco consapevoli delle opportunità connesse ai benefici occupazionali e di inclusione femminile. È questo il risultato dello studio della Fondazione Maire, la fondazione del gruppo Maire, presentato durante i lavori della Cop 28 all’interno di una tavola rotonda condotta da Ilaria Catastini, direttrice generale, Fondazione Maire e Nando Pagnoncelli, Presidente, Ipsos Italia. I contenuti, realizzati con il contributo di Ipsos, si basano su 1.700 interviste condotte in 10 Paesi (Italia, UK, Turchia, Arabia Saudita, Emirati Arabi, Cina, India, Algeria, Stati Uniti, Cile). Gli italiani considerano il proprio paese più indietro nel percorso di decarbonizzazione rispetto ad altri, superati in questo solo da Cile, Algeria, Turchia. Gli sforzi di governo e di imprese private sono percepiti come meno adeguati rispetto a tutti gli altri paesi della ricerca. Nel nostro Paese, solo il 37% del campione si dichiara consapevole dell’impatto positivo della transizione energetica sull’occupazione, mentre lo è il 55% dei sauditi, il 63% degli indiani, il 67% degli algerini e il 53% dei cileni. Inoltre, il 18% degli italiani intervistati ne conosce l’impatto positivo sull’inclusione delle donne a fronte del 46% dei sauditi, il 51% degli indiani, il 32% degli algerini e il 36% dei cileni. Ciononostante, anche in Italia emerge un bisogno di formazione specifica, anche se la percezione dell’importanza e dell’urgenza di questa è mediamente inferiore.
Ma quali sono le competenze richieste a questi futuri professionisti della transizione energetica? Variano da paese a paese, ma è chiaro che competenze tecniche e trasversali, hard skill e soft skill debbano convergere e siano cruciali. L’enfasi sulla creatività (nel Regno Unito, in Algeria, in Arabia Saudita, in India e negli Emirati Arabi Uniti), sulla capacità di risoluzione dei problemi (in Italia, Turchia, Arabia Saudita, Cina, Stati Uniti e Cile), sul pensiero critico (nel Regno Unito) e sulle capacità analitiche segnala la necessità di nuovi professionisti con una mentalità diversa.
Saranno, quindi, multidisciplinari e flessibili, umanisti gli ingegneri che prenderanno le redini di questa nuova trasformazione. Secondo la Fondazione Maire, l’utilizzo della tecnologia è importante quanto lo sviluppo di nuove soluzioni ed è necessaria una risposta tecnica più ampia ai cambiamenti climatici, che si concentri sia sul modo in cui le persone utilizzano la tecnologia, i prodotti e le infrastrutture, sia sulla progettazione di tecnologie di nuova generazione, prodotti e servizi a basse emissioni di carbonio.