In Italia viene utilizzato appena il 4% delle acque reflue. Con un riuso corretto si potrebbe soddisfare il 45% del fabbisogno nazionale. A venirci incontro le nuove regole sulle acque reflue urbane, soprattutto per quanto riguarda la loro raccolta, il trattamento e lo scarico. L’Unione Europea ha, infatti, approvato il 29 gennaio 2024 la direttiva sulle acque reflue urbane, consentendo l’utilizzo delle acque provenienti dalle fogne per contrastare la siccità. La direttiva prevede degli obiettivi di trattamento delle acque reflue scaglionati sia temporalmente sia in base alla grandezza dei centri urbani. Un aspetto chiave è l’estensione del trattamento secondario, che consiste nella rimozione della materia organica biodegradabile dalle acque urbane prima che queste vengano scaricate nell’ambiente, ai centri abitati con almeno 1000 abitanti equivalenti entro il 2035, una modifica rispetto alla precedente normativa che prevedeva la soglia di 2000 a.e. Le nuove norme migliorano il monitoraggio delle acque reflue, includendo la ricerca di agenti patogeni come il virus SARS-CoV-2 e sue varianti, poliovirus, virus influenzali, nonché inquinanti persistenti come PFAS e microplastiche. Il testo indica, inoltre, degli obiettivi di neutralità energetica, per cui gli impianti di trattamento delle acque reflue urbane dovranno aumentare progressivamente la quota di energia derivante ogni anno da fonti rinnovabili: 20% entro la fine del decennio, 40% entro il 2035, 70% entro il 2040 per arrivare al 100% nel 2045. Alle imprese farmaceutiche e cosmetiche saranno chiamate a pagare fino all’80% delle spese per depurare le acque dalle sostanze inquinanti derivanti dalle loro produzioni.
Per approfondire:
https://www.europarl.europa.eu/news/en/press-room/20240129IPR17203/deal-on-more-efficient-treatment-and-reuse-of-urban-wastewater